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lunedì 30 aprile 2012

Pian piano «escono dall'ombra» i Cittadini italiani con epilessia

Dal sito: www.superando.it
 
Proprio per tale obiettivo, del resto, lavora già da molti anni l'AICE (Associazione Italiana contro l'Epilessia), che in apertura della Giornata Nazionale denominata "Accendi il cuore per l'epilessia!" - che si protrarrà fino al 6 maggio -, commenta con soddisfazione i più recenti sviluppi legislativi, rende noti i destinatari dei nuovi progetti di ricerca contro l'epilessia farmacoresistente e consolida il proprio accordo con la LICE (Lega Italiana Contro l'Epilessia), associazione professionale cui sostanzialmente aderiscono tutti gli specialisti italiani impegnati in questo settore

In apertura della Giornata Nazionale per l'Epilessia, che si protrarrà fino al 6 maggio, con il nome di Accendi il cuore per l'epilessia!, ci sono alcune importanti novità per l'AICE - l'Associazione Italiana Contro l'Epilessia aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) - i cui obiettivi principali restano essenzialmente la sconfitta della farmacoresistenza, che continua ad opprimere circa il 30% dei 500.000 italiani con epilessia e la piena cittadinanza per chi vive questa patologia, tramite l'accesso alle agevolazioni integrative.
Da una parte, infatti, dopo che un anno fa il Decreto Legislativo
59/11 (Attuazione delle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida, G.U. n. 99 del 30 aprile 2011) aveva finalmente riconosciuto la guarigione da epilessia (Allegato III, Punto D.4: «Le persone che sono considerate clinicamente guarite su certificazione rilasciata da uno specialista in neurologia (o disciplina equipollente) e non hanno presentato crisi epilettiche da almeno 10 anni in assenza di trattamento farmacologico non sono più soggette a restrizioni o limitazioni»), ciò che riguarda circa il 5% dei casi, dall'altra parte vi è l'imminente esame alla Camera (il 10 maggio in XII Commissione) della Proposta di Legge n. 2060/09, sostenuta da oltre ottanta deputati dell'intero arco parlamentare, «grazie alla cui approvazione - come sottolinea Giovanni Battista Pesce, segretario nazionale dell'AICE - le persone con epilessia farmacoresistente potranno avere accesso alle agevolazioni inclusive previste per le altre condizioni disabilitanti».

Sul fronte del sostegno alla ricerca, invece - ma anche nello stesso ambito legislativo -, assume particolare significato l'accordo raggiunto dall'AICE con la
LICE (Lega Italiana Contro l'Epilessia), associazione professionale cui sostanzialmente aderiscono tutti gli specialisti italiani impegnati in questo settore.
Restando alla ricerca, infine, va ricordato l'ormai tradizionale bando della FIRE, la Fondazione Italiana per la Ricerca sull'Epilessia, che opera a fianco dell'AICE, e che per l'edizione 2011, ha assegnato i 40.000 euro raccolti a Marco Pistis dell'Università di Cagliari e a Teresa Giovanna Ravizza dell'Istituto Mario Negri di Milano.
Anche in questa settimana, dunque, tutti potranno condividere il sostegno a queste ricerche - inviando un SMS da 2 euro al numero 45502 - perché ancora una volta tutti i fondi raccolti saranno integralmente destinati - nell'ottobre prossimo e tramite un pubblico bando - ai progetti volti a sconfiggere la farmacoresistenza.

Le effettive esigenze degli alunni con disabilità e il Consiglio di Stato

Dal sito: www.superando.it
 
È sempre bene ribadirlo con forza: le «effettive esigenze» di ogni alunno con disabilità che la scuola si impegna a integrare nella classe sono costituite dalla presa in carico del progetto di integrazione da parte di tutti i docenti curricolari, aiutati dal docente per il sostegno. Fino a quando, però, il Ministero non aumenterà sensibilmente i crediti formativi per i futuri docenti di scuola superiore e non concorderà con i Sindacati l'obbligo di formazione in servizio, decisioni come quella recente Ordinanza del Consiglio di Stato, che attribuiscono le ore di sostegno per tutta la durata dell'anno scolastico, sono destinate a moltiplicarsi, con un notevole aggravio a carico dell'erario - anche tenendo conto delle spese di soccombenza dell'Amministrazione - e con quello che si potrebbe definire come un "crescente imbastardimento" degli stessi princìpi pedagogici dell'integrazione scolastica

Il Consiglio di Stato ha depositato il 14 aprile scorso l'Ordinanza Sospensiva n. 1390, accogliendo l'appello dei genitori di una bimba con disabilità, contro una precedente Ordinanza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) dell'Abruzzo che aveva negato il massimo delle ore di sostegno richieste.
Detto innanzitutto che questa è un'Ordinanza e non una Sentenza - come invece qualcuno aveva frettolosamente affermato - va rilevato che le decisioni tramite le quali vengono attribuite le ore di sostegno per tutta la durata dell'orario scolastico non sono infrequenti e questa non è certamente la prima.
Anche la nota Sentenza
80/10 della Corte Costituzionale, del resto, nel proclamare il principio costituzionale che agli alunni certificati con gravità debba essere dato un numero di ore superiori alla media, aveva ammesso in via di principio che in taluni casi la gravità possa richiedere la presenza di un docente per il sostegno per tutta la durata dell'orario scolastico.
Il ragionamento di tutti i Magistrati che già dagli Anni Novanta si sono pronunciati in questo modo parte dal presupposto fondamentale che  le ore di sostegno debbano essere assegnate «sulla base delle effettive esigenze dell'alunno». Ora, però, stando alla pedagogia e alla cultura dell'integrazione scolastica, le «effettive esigenze» sono quelle di essere integrati con i compagni e nei programmi della classe e tale compito è di tutti i docenti curricolari della classe, che però debbono avvalersi del sostegno di un docente specializzato. Questo significa che docenti degli alunni con disabilità sono tutti i docenti della classe, i quali si avvalgono della collaborazione di un insegnante specializzato, che non dev'essere necessariamente presente per tutta la durata dell'orario scolastico.

Nella scuola superiore, è invalso - sulla base di un'erronea interpretazione operata dal Ministero dell'articolo 13, comma 5 della Legge
104/92 - l'orientamento amministrativo di assegnare docenti per il sostegno che siano laureati o abilitati in una delle seguenti quattro aree disciplinari: linguistica, scientifica, tecnologica e psicomotoria; è da tener presente, inoltre, che ad esempio nell'area tecnologica confluiscono oltre centotrenta indirizzi di studio, talora lontanissimi tra loro. E quindi, il Consiglio di Stato - in via provvisoria - ha stabilito che debbano essere assegnate ore di sostegno con docenti specializzati per ogni disciplina di insegnamento e per tutta la durata settimanale dello stesso.
Ebbene, se le «effettive esigenze» fossero prioritariamente quelle di avere il docente specializzato in ogni area disciplinare, la decisione sarebbe condivisibile. E tuttavia, come si è detto, le «effettive esigenze» di ogni alunno con disabilità che la scuola si impegna a integrare nella classe sono costituite dalla presa in carico del progetto di integrazione da parte di tutti i docenti curricolari, aiutati dal docente per il sostegno.
Purtroppo, però, l'Amministrazione Scolastica non è in grado di dimostrare che tutti i docenti della classe possono prendersi in carico il progetto di integrazione, poiché nessuna norma prevede per loro l'obbligo di un'accettabile formazione iniziale e in servizio sulle tematiche della didattica dell'integrazione scolastica. Conseguentemente, il Consiglio di Stato e altri organi giurisdizionali hanno più volte deciso che ci debbano essere ore di sostegno per tutta la durata dell'orario scolastico, un orientamento, questo, che è la totale negazione dei principii dell'integrazione scolastica, affermatisi fin dai suoi inizi generalizzati, alla fine degli Anni Sessanta.

Chi scrive era un gravissimo ipovedente che al tempo della sua scolarizzazione, negli Anni Cinquanta, non si era avvalso di alcun docente per il sostegno, figura ancora di là da venire. E tuttavia potei integrarmi grazie all'impegno dei miei docenti curricolari e dei compagni, che mi aiutavano a capire ciò che gli insegnanti scrivevano alla lavagna, mi prendevano gli appunti e venivano anche a fare i compiti con me nel pomeriggio.
Ora, con il Decreto
249/10, il Ministero ha finalmente stabilito che la formazione iniziale dei futuri docenti curricolari debba prevedere pure aspetti di didattica per l'integrazione; e tuttavia, mentre ha previsto 31 crediti formativi universitari per i futuri docenti di scuola dell'infanzia e primaria, per quelli di scuola secondaria si parla di appena 6 crediti formativi. Nulla poi prevedono i Contratti Collettivi circa l'obbligo di formazione in servizio su questi temi.
Di conseguenza, sino a quando il Ministero non aumenterà sensibilmente i crediti formativi per i futuri docenti di scuola superiore e non concorderà con i Sindacati l'obbligo di fomazione in servizio, decisioni come quest'ultima del Consiglio di Stato si moltiplicheranno, con un notevole aggravio a carico dell'erario - anche tenendo conto delle spese di soccombenza dell'Amministrazione - e con quello che si potrebbe definire come un "crescente imbastardimento" dei princìpi pedagogici dell'integrazione scolastica.

L'accertamento della disabilità e l'esempio organizzativo trentino

Dal sito: www.superando.it
 
È a nostro parere quanto mai interessante l'ampia trattazione che qui presentiamo ai Lettori, riguardante un sistema organizzativo per l'accertamento delle disabilità - come quello attuato nella Provincia Autonoma di Trento - che va in sostanziale e netta controtendenza con ciò che si può osservare sul resto del territorio nazionale, in particolare dopo l'affidamento all'INPS di una funzione di garanzia/controllo/vigilanza sull'operato degli organi tecnici del Servizio Sanitario Nazionale. E i risultati di questi diversi percorsi di lavoro emergono chiaramente
Accetto di buon grado l'invito a presentare l'assessment organizzativo trentino [qui da intendersi come "struttura organizzativa", N.d.R.], funzionalizzato all'accertamento di quegli stati di disabilità (l'invalidità civile, la cecità civile e il sordomutismo) che sono stati oggetto, negli ultimi anni, di una disordinata - schizofrenica - (ri)-visitazione normativa, portata avanti con il dichiarato intento di contenere/arginare la spesa pubblica.
L'intento - che ha trasformato il pianeta sanità-welfare in un vero e proprio "parco-giochi" da utilizzare solo per i tagli della spesa, è stato perseguito lungo alcune coordinate che voglio ricordare:
a) la caccia ai cosiddetti "falsi invalidi", attuata attraverso un piano straordinario di verifiche, non solo sanitarie, ma anche reddituali;
b) l'inasprimento delle sanzioni contro i medici cosiddetti "compiacenti" che attestano falsamente l'invalidità;
c) l'affidamento all'INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) di una funzione di governo (più correttamente controllo) sull'operato degli organi tecnici del Servizio Sanitario Nazionale preposti all'accertamento non solo dell'invalidità civile, della cecità civile e del sordomutismo, ma anche dell'handicap e della disabilità finalizzata al collocamento mirato al lavoro.
Eccezion fatta per l'inasprimento delle sanzioni contro i medici cosiddetti "compiacenti" (termine davvero poco chiaro e comprensibile, se è vero che il Codice Penale già prevede specifici illeciti in tema di attestazioni non veritiere), non vedo straordinarie novità introdotte dai "banchieri della sanità" italiana (cfr. in Bibliografia Tognoni 2011), nonostante l'enfasi mediatica (spesso roboante) cavalcata scandalisticamente non solo dalla cronaca, ma anche da chi, in questa obbedienza cieca e dovuta - in buona o in malafede - non si è certo fatto carico di quel "bene comune" (la salute) che fonda la sua esistenza non già sulle proiezioni economiche, sullo spread e sugli indici della borsa, ma su quella responsabilità intelligente (cfr. in Bibliografia Tognoni 2011) a cui si guarda ancora sempre più con sospetto e sulla quale si è fin qui poco investito anche nella nostra formazione accademica: ancora una volta il Legislatore ha mostrato la sua pigrizia (incapacità) nell'affrontare i veri nodi cruciali del nostro sistema di welfare, che necessita di una revisione strutturale e non già di sole misure anti-crisi dettate all'interno di Manovre Finanziarie che finiscono per non affrontare le molte questioni aperte sul tappeto, per travisare i fatti, che non investono nel futuro, che cancellano le persone (e con esse le idee) e che comunque incrementano i costi della poderosa macchina pubblica oggi messa in campo nella lotta - condotta a quartiere - contro i cosiddetti "falsi-invalidi", nell'intento di sanare le migliaia di frodi che sarebbero state perpetuate, nel corso degli anni, dal Servizio Sanitario Nazionale e dai molti di noi che hanno creduto in una medicina legale capace di modularsi in chiave non solo forense, ma per rispondere ai bisogni delle persone più deboli (cfr. in Bibliografia Cembrani F. e Cembrani V. 2008; Cembrani F. 2007 e Cembrani F. in progress.).
L'assessment organizzativo trentinoLa Provincia Autonoma di Trento, con propria legge (Legge Provinciale 7/98), è intervenuta a disciplinare, in maniera strutturata e organica, l'assessment organizzativo funzionalizzato all'accertamento dell'invalidità civile, della cecità civile e del sordomutismo e lo ha fatto in anni non certo facili, in risposta a quella transitoria "militarizzazione" degli accertamenti della disabilità (posti in capo agli Ospedali Militari) avvenuta negli anni Novanta, su forte pressione dell'allora ministro del Tesoro Giuliano Amato.
Senza ripercorrere la norma nel suo dettaglio, basta qui ricordare che essa ha:
- valorizzato la competenza dello specialista medico-legale al punto da porre in capo a tale specialista la valutazione autonoma dell'invalidità civile (le Commissioni Sanitarie ancora operanti nel resto del territorio nazionale sono produttive di costi e non sono certo garanti, per la nostra personale esperienza, della qualità degli outcome ["risultati", N.d.R.]);
- posto un argine al contenzioso giurisdizionale (per la verità, nel nostro contesto, sempre modesto), attraverso una filiera organizzativa che prevede un primo e un secondo grado tecnico di giudizio valutativo;
- affidato all'Unità Operativa di Medicina Legale del Servizio Sanitario Provinciale (1) la funzione di governo (2) dell'intero sistema.

Nella direzione di governo è stato gradualmente sviluppato un assessment organizzativo che ha esplicite regole (=standard di erogazione del servizio), tra le quali voglio qui ricordare:
1. la gestione informatizzata di tutte le fasi del processo (dalla presentazione della domanda alla refertazione dell'esito);
2. l'organizzazione distrettualizzata delle visite mediche (oltre il 50% delle medesime sono programmate in sedi di lavoro periferiche) in ambulatori decorosi, facilmente raggiungibili, sbarrierati sotto il profilo architettonico;
3. l'organizzazione, codificata, delle visite mediche effettuate al domicilio della persona nel caso di intrasportabilità della medesima a mezzo ambulanza e delle visite mediche per le quali si rende necessaria una priorità di risposta (per il pericolo di vita della persona stessa), coerentemente con quanto previsto dalla Giunta Provinciale di Trento nel 2003 (3);
4. l'attività di front-office svolta dal personale amministrativo dell'Unità Operativa, in orari dedicati, con un servizio di supporto al Cittadino;
5. la scansione temporalizzata degli appuntamenti per la visita medica fissati a distanza l'uno dell'altro;
6. i tempi dedicati a ciascuna visita medica (35 minuti), effettuata da un solo medico specialista, necessari a un accurato esame clinico riportato su un'apposita cartella clinica medico-legale;
7. l'organizzazione, codificata, delle valutazioni per le persone assistite al domicilio dal Servizio di Cure Palliative (effettuata senza la visita medica, su istanza formalizzata dai medici palliatori, quando l'indice di performance è indicativo di non autosufficienza della persona);
8. la trasmissione celere dell'esito dell'accertamento.

La metodologia valutativa, recependo la proposta presentata qualche anno fa da Carlini e Bacci (cfr. in Bibliografia Carlini e Bacci 2000) è, nell'assessment trentino, scandita dalle seguenti fasi operative che, al pari delle precedenti, costituiscono altrettanti standard di erogazione del servizio:
a) acquisizione della documentazione sanitaria e amministrativa contenuta nel fascicolo preparato dal personale amministrativo;
b) effettuazione della visita medica correlata dall'esame della documentazione clinica prodotta dalla persona;
c) formulazione di un'attenta epicrisi medico-legale;
d) verifica del requisito della permanenza dello stato invalidante e utilizzo, appropriato, dello strumento della revisione medica disposta solo nei casi in cui è ragionevole attendersi una modificazione dello stato di salute della persona;
e) valutazione dell'impairment lavorativo ["funzionamento" lavorativo, N.d.R.] e, nei soggetti ultra-65enni e infra-18enni, delle difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell'età, utilizzando - per gli anziani - le scale di valutazione multi-dimensionali e multi-assiali approvate nel tempo dalla Giunta Provinciale di Trento;
f) formulazione dei giudizi medico-legali cosiddetti "accessori" ancorché obbligatori per legge (potenzialità lavorative).

Le peculiarità che caratterizzano il nostro assessment organizzativo e che costituiscono - come dicevo - standard di qualità del servizio, riguardano la funzione-tempo dedicata alla visita medica, l'utilizzo sistematico della cartella clinica medico-legale, la somministrazione costante - nel caso di persone ultra-65enni - dei sistemi multi-assiali (Barthel-mobilità, Barthel-ADL, MMSE e CDR) che la Giunta Provinciale di Trento ha - su nostra indicazione - approvato nel 1999 e nel 2008, quali strumenti per graduarne le difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età (cfr. in Bibliografia Cembrani F. 2007) e le azioni di governo rivolte:
- alla formazione continua dei professionisti, effettuata con lo strumento della formazione residenziale e, dal 2005, della formazione sul campo, finalizzata al miglioramento della qualità (controllo di qualità di 150-200 cartelle cliniche medico-legali, selezionate con modalità random [casuale, N.d.R.]);
- alla redazione di apposite linee-guida (4) per la coerenza valutativa in quei campi di intervento difficili (ad esempio nell'impairment cognitivo ["funzionamento" cognitivo, N.d.R.]);
- all'effettuazione periodica di audit [valutazioni, N.d.R.] sui casi clinici difficili;
- al monitoraggio sistematico di alcuni indicatori (cfr. in Bibliografia Canadian Council 2001) non solo di performance (numero delle visite, tempi di attesa ecc.), ma anche di esito (uno di questi è il rapporto tra la popolazione anziana ultra-65enne residente in provincia di Trento e il numero di indennità di accompagnamento riconosciute);
- alla sensibilizzazione (motivazione) dei portatori di interesse (cfr. in Bibliografia Cembrani F, Merz, Larentis e Bonagura in progress.), condotta attraverso una modalità che noi individuiamo con il termine di comunicazione formativa (5), con l'intento di favorire lo sviluppo di quella "rete territoriale" tanto auspicata, ma dalla quale, troppo spesso, ci vogliamo ancora estraniare.

In quest'ultima direzione, la nostra linea di condotta è stata particolarmente attenta e si è realizzata con molte azioni sinergiche, tra cui voglio qui ricordare: la predisposizione di una Guida ragionata destinata a tutti i medici di medicina generale e agli specialisti ambulatoriali e da supporto non solo nella redazione della certificazione medica che il Cittadino allega a sostegno della domanda amministrativa, ma anche per comprendere quali sono i vincoli normativi dei vari istituti giuridici e la metodologia valutativa utilizzata nel riconoscimento dei relativi benefìci economici/assistenziali; l'inserimento, nella Carta dei Servizi e nel sito aziendale, di alcune brevi schede riassuntive destinate al Cittadino, che individuano le modalità di accesso al servizio e di erogazione del medesimo; la formazione costante di tutti i medici di medicina generale e degli specialisti ambulatoriali, d'intesa con l'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri; la redazione di una Guida destinata a tutti i portatori d'interesse e la cui stesura è stata con essi realizzata e condivisa; la realizzazione, con cadenza annuale, di un piano di attività formativa dedicato a tutti i portatori di interesse, non solo per favorire la messa in "rete" dei servizi esistenti sul territorio, ma, soprattutto, per omogeneizzare l'esigibilità dei diritti e l'attivazione appropriata dei percorsi assistenziali.

Quest'ultima attività - del tutto strategica - ha portato ad alcuni importanti risultati concreti che qui sintetizziamo:
- realizzazione di incontri periodici, con larga partecipazione di tutti i portatori d'interesse, finalizzati a rendere conto degli impegni assunti nei piani annuali di attività, degli eventuali problemi incontrati nel corso dell'anno e dei risultati raggiunti non solo in termini di indicatori di performance;
- semplificazione (condivisa) dei moduli di domanda da utilizzare nella presentazione della domanda di riconoscimento dell'invalidità civile, della cecità civile, del sordomutismo e dell'handicap;
- predisposizione (condivisa) di una breve nota informativa che viene allegata al modello A/SAN [verbale di accertamento redatto in seguito alla visita, N.d.R.], nella quale si esplicitano al Cittadino i relativi diritti e i successivi percorsi che vanno seguiti per l'attivazione degli stessi;
- stesura di una convenzione con la Provincia Autonoma di Trento, finalizzata a realizzare la costituzione di punti informativi per consigliare e orientare il Cittadino e per rendere più efficace, anche attraverso la formazione continua, il ruolo di chi lavora all'interno degli undici sportelli periferici di assistenza e di informazione al pubblico della medesima;
- realizzazione annuale di almeno due corsi di formazione, destinati agli operatori degli Enti di Patronato e al personale delle Associazioni rappresentative degli invalidi (ANMIC - Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili, ENS - Ente Nazionale dei Sordi e UICI - Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), realizzati con il duplice obiettivo di garantire l'accesso appropriato ai servizi e, soprattutto, la coerenza delle informazioni fornite al soggetto disabile.
I punti di forza e di debolezza dell'assessment trentinoIn questa parte della mia riflessione vorrei dare atto, in maniera schematica, dei punti di forza e delle criticità dell'assessment trentino, che sono state presidiate mettendo in campo quelle strategie di governo più sopra ricordate.
Su questi ultimi punti di forte criticità, alcune azioni correttive sono in essere, visto che è in fase di studio un sistema informativo provinciale della disabilità che si propone la messa in rete di tutti gli attori del complesso sistema; altre richiedono la (ri)-negoziazione di accordi contrattuali (con la medicina del territorio) e altre, infine, potenziamenti dell'organico medico che, in questa fase di fortissima crisi economica, restano purtroppo delle forti chimere.
ConclusioniHo voluto, in breve sintesi, dar conto dell'assessment organizzativo trentino funzionalizzato all'accertamento degli stati di disabilità, che appare in netta controtendenza rispetto a quanto osservato sul resto del territorio nazionale, visto l'avvenuto affidamento all'INPS (Legge 102/09) di una funzione di garanzia/controllo/vigilanza sull'operato degli organi tecnici del Servizio Sanitario Nazionale: affidamento che, evidentemente, non può non incidere negativamente non solo sui costi sostenuti dalla complessa macchina pubblica messa oggi in campo, ma su quella tanto auspicata semplificazione procedurale che urta contro l'irragionevolezza dei tempi moderni e contro le precisazioni dei "banchieri della sanità", che seguono le medesime leggi degli oncologi aggressivi nel trattamento dei pazienti in fase terminale (cfr. in Bibliografia Tognoni 2011).
Peccato che di ciò non si sia voluto tener conto e peccato, davvero, che esperienze oramai consolidate negli anni non siano state valorizzate per rispondere alla crisi globale dell'economia mondiale e, soprattutto, per rendere il nostro sistema di welfare non solo funzionale, ma anche coerente con l'attenzione che le persone richiedono e che quei professionisti impegnati nella difesa del "bene comune" pretendono!

*Direttore del Distretto Sanitario Centro-Nord e Direttore dell'Unità Operativa di Medicina Legale dell'Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento. Il presente testo è già apparso nella rivista di Maggioli Editore «
Welfare Oggi. Cultura e gestione del Sociale», n. 5/2011, con il titolo L'esempio dell'assessment organizzativo trentino nell'accertamento della disabilità e viene qui ripreso, con lievi riadattamenti al contesto, per gentile concessione.

lunedì 23 aprile 2012

Alla fine di quest'anno dovranno essere 800.000 le verifiche straordinarie

Avviato infatti dall'INPS nel 2009, dovrà concludersi entro la fine di quest'anno il massiccio piano di verifiche straordinarie sulla permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. Un recente Messaggio dell'INPS ne fissa i criteri, ai quali il Servizio HandyLex.org dedica un ampio approfondimento, trattando più in generale l'intera materia dei controlli e delle verifiche
Si concludera con il 2012 il massiccio piano di verifiche straordinarie sulla permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. Al termine dunque di quest'anno, le posizioni controllate nell'ambito di quel piano avviato tre anni fa dovranno essere 800.000 (200.000 nel 2009, 100.000 nel 2010, 250.000 sia per il 2011 che per il 2012).

Con il proprio
Messaggio n. 6796 del 19 aprile scorso, l'INPS ha definito le modalità di campionamento delle 250.000 persone da sottoporre a verifica nel corso di quest'anno. Il campione sarà estratto esattamente fra:
- gli invalidi titolari di provvidenze economiche in scadenza prima della fine dell'anno (esclusi quelli per cui la scadenza è prevista nei due mesi successivi al citato Messaggio, ovvero entro il 19 giugno). Non viene fissato alcun limite di età;
- i titolari di indennità di accompagnamento (ciechi e invalidi) e di comunicazione, ma solo di età compresa fra i 18 e i 67 anni compiuti;
- i titolari di assegno mensile di assistenza (invalidi parziali), ma solo di età compresa fra i 40 e i 60 anni.

Alla questione il Servizio HandyLex.org dedica un'
ampia analisi - della quale raccomandiamo senz'altro la lettura -, con ulteriori approfondimenti sempre riguardanti il tema dei controlli e delle verifiche.

Antonella, più forte del destino

Dal sito: www.superando.it
Per la prima volta Antonella Ferrari - nota attrice di fortunate serie televisive, giornalista e madrina "storica" dell'AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) - racconta la sua storia di sclerosi multipla in un libro uscito in questi giorni e dichiara: «Racconto semplicemente la mia battaglia "tra camici e paillettes" perché io non sono solo la mia malattia. Sono una donna, un'attrice, una moglie, che ha deciso di sfidare il proprio destino e di vincerlo! Racconto la vita di una persona che non ha voluto mollare, che ha deciso di vivere e di non sopravvivere. Mi sono beccata tantissime porte in faccia, tantissime delusioni, ma dovevo andare avanti anche per tutti quelli che vivono bloccati per colpa di una malattia»
È uscito in questi giorni per Mondadori - in libreria e in e-book - Più forte del destino. Tra camici e paillettes. La mia lotta alla sclerosi multipla, libro di Antonella Ferrari, attrice di fortunate serie TV come Centovetrine e La squadra, giornalista e da molti anni madrina dell'AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), per la quale è anche protagonista del Progetto Donne oltre la sclerosi multipla, gruppo di donne impegnate nella lotta a questa malattia [se ne legga nel nostro sito anche cliccando qui, N.d.R.].

Persona con sclerosi multipla, Antonella si  racconta per la prima volta in un libro e parla di sé senza censure, dei momenti di sconforto, della rabbia, della frustrazione di una diagnosi arrivata molto tardi e della fatica a rialzarsi dopo ogni caduta. Ma anche della grande gioia per ogni piccola conquista, per la soddisfazione di avercela fatta a  trovare il suo posto nel mondo dello spettacolo, nonostante i pregiudizi.
La sclerosi multipla è una grave malattia del sistema nervoso centrale, cronica, imprevedibile e progressivamente invalidante, che riguarda circa 63.000 persone in Italia, con un caso diagnosticato ogni quattro ore. Ad esserne maggiormente colpiti, nel pieno della propria vita, sono i giovani tra i 20 e i 30 anni e le donne in un rapporto di 3 a1 rispetto agli uomini.

«Riaprire alcuni cassetti della memoria - spiega la stessa Ferrari - è stato difficile e doloroso, ma sono felice di averlo fatto. Racconto semplicemente la mia battaglia "tra camici e paillettes" perché io non sono solo la mia malattia. Sono una donna, un'attrice, una moglie, che ha deciso di sfidare il proprio destino e di vincerlo! Quello che racconto è la vita di una persona che non ha voluto mollare, che ha deciso di vivere e di non sopravvivere. Mi sono beccata tantissime porte in faccia, tantissime delusioni, ma dovevo andare avanti anche per tutti quelli che vivono bloccati per colpa di una malattia. Ed è per questo che ho deciso di raccontare la mia storia e devolvere parte dei proventi del libro all'AISM».
Essere una donna con disabilità, infatti, in un mondo in cui l'immagine femminile appare sempre patinata e perfetta, non è certo facile, ma Antonella non si è mai arresa, tanto da diventare un punto di  riferimento, una fonte di ispirazione per  tante persone meno fortunate.

Ecco i fondi per il sociale!

Dal sito: www.superando.it
«Ai contributi elettorali non correttamente utilizzati dai partiti - scrive Giorgio Genta - si potrebbe infatti aggiungere un pizzico dello stipendio degli altissimi burocrati, una spruzzatina della diciottesima mensilità dei lacché dei massimi organi di rappresentanza, una piccola parte del costo delle operazione demagogiche contro i "falsi invalidi" e un sessantacinquesimo dell'IMU, la "nuova ICI", che le Fondazioni Bancarie non pagheranno sui loro sterminati patrimoni immobiliari. Basterebbero?!»

Servirebbe magari un trucco del vecchio Mago Mandrake dei fumetti, per reperire i fondi per il sociale?
 vecchio amatissimo Mago Mandrake della mia infanzia non sarebbe stato capace di un'opera di magia simile a quella che l'incauto autore di questa nota si arroga spudoratamente di aver portato a termine: il reperimento dei fondi per il sociale, necessari a salvare letteralmente la vita alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi.
Armato dunque della bacchetta di Mago Merlino e pronunciate le formule di rito, vorrei svelare l'arcano segreto del prodigioso ritrovamento finanziario: i contributi elettorali non correttamente utilizzati dai partiti.
«La solita antipolitica da quattro soldi», sosterrebbero i nostri onorevolissimi rappresentanti, se avessero la sfortuna di leggere queste righe. No, credo si tratti di semplice buon senso. Sono convinto infatti - lo si creda o no - che la politica  debba servire a qualcosa di positivo. Qualcosa come esprimere la pluralità delle idee e governare, con un minimo di competenza e serietà, la cosa pubblica. Ma sono altrettanto convinto che non si debba pervertire la volontà referendaria  chiaramente espressa un po' di anni fa dalla stragrande maggioranza dei votanti, circa il non gradimento del finanziamento pubblico.
Ebbene, con il solito italico trucco del cambiamento di nome si è passati dai finanziamenti ai rimborsi, utilizzando un moltiplicatore del 1000 per 100. Quindi - trucco nel trucco - si è passati a rimborsare spese mai fatte e mai documentate. Non basterebbero questi fondi al nostro nobile scopo?
Potremmo poi aggiungervi un pizzico dello stipendio degli altissimi burocrati, una spruzzatina della diciottesima mensilità dei lacché dei massimi organi di rappresentanza, una piccola parte del costo delle operazione demagogiche contro i "falsi invalidi" e un sessantacinquesimo dell'IMU, la "nuova ICI", che le Fondazioni Bancarie non pagheranno sui loro sterminati patrimoni immobiliari. Basterebbero?!

Qualche volta dalle Ferrovie Italiane arrivano anche buone notizie

Dal sito: www.superando.it
Tra i tanti disservizi, disagi e anche vicende di discriminazione che spesso siamo costretti a segnalare, càpita ogni tanto di dare anche la notizia di un utile servizio avviato in internet da RFI (Rete Ferroviaria Italiana-Gruppo Ferrovie dello Stato), che consente di essere informati con rapidità sui servizi di assistenza per i passeggeri con disabilità nelle singole stazioni, o di sapere se i convogli siano adibiti al trasporto di carrozzine. E ben volentieri ne riferiamo
Chi segue abitualmente il nostro sito sa bene che non siamo certo sempre "teneri" con la Rete Ferroviaria Italiana, di cui anzi siamo spesso costretti a denunciare disservizi, disagi e anche vicende di discriminazione riguardanti le persone con disabilità. Non abbiamo però alcun problema nemmeno a segnalare quando arriva "qualcosa di buono" e all'insegna dell'utilità.

Ci riferiamo alla funzionalità recentemente inserita nel portale di RFI (Rete Ferroviaria Italiana - Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane), vale a dire la pagina denominata Quadri orario stazione per stazione, che selezionando una singola stazione italiana, consente di sapere se in essa vi sia il servizio di assistenza per i passeggeri con disabilità, quali treni vi passino, se siano adibiti al trasporto di carrozzine e quali siano infine le varie stazioni coperte da un determinato percorso (con l'indicazione dell'eventuale servizio di assistenza).

Particolare anche questo interessante, il servizio è stato realizzato secondo gli standard internazionali per l'accessibilità del web alle persone con disabilità.
Insomma, una "piccola cosa", che certo non può risolvere da sola i tanti problemi di accessibilità ancora presenti per il trasporto ferroviario nel nostro Paese, ma che è sicuramente degna di nota.

venerdì 20 aprile 2012

Caro Presidente, non lasci che la speranza si spenga nei corridoi del Parlamento

«È bello - scrive Simone Fanti nella sua lettera al Presidente della Repubblica - vedere tanta solidarietà per la sorella con grave disabilità di Piermario Morosini, lo sfortunato calciatore deceduto in campo a Pescara, ma di fronte al clamore di un caso che ha commosso l'opinione pubblica, è necessario che l'attenzione non venga meno. Lo dobbiamo a Piermario, a Maria Carla e ai tanti genitori che vogliono un futuro per i loro figli più fragili e per i quali oggi i due Disegni di Legge presentati da anni giacciono dimenticati in Parlamento»
Caro Presidente Napolitano, come da lei auspicato, Maria Carla Morosini [sorella di Piermario, il giovane calciatore deceduto il 14 aprile scorso a Pescara, durante la partita Pescara-Livorno, N.d.R.] ha trovato una nuova e grande famiglia. Il mondo del calcio, i grandi campioni, come Balotelli e Di Natale, e i calciatori meno noti del Campionato di serie B la stanno stringendo in un caldo abbraccio. In tanti hanno promesso sulla tomba del fratello Piermario, un ragazzo che la vita ha fatto crescere in fretta e che troppo presto il destino ha richiamato a sé, di prendersi cura di lei che soffre di una grave disabilità mentale. Gesti e promesse che mi hanno sorpreso, ma che mi hanno fatto riflettere e lasciato con in bocca una domanda: e gli altri?Gli altri disabili gravi e gravissimi, non autosufficienti, che ne sarà di loro, una volta che i parenti più stretti non ci saranno più? Il clamore del caso ha commosso l'opinione pubblica. Ora è necessario che l'attenzione non venga meno. Lo dobbiamo a Piermario, a Maria Carla e ai tanti genitori che vogliono un futuro per i loro figli più fragili.

Un giorno, parlando con il padre di una persona non autosufficiente, mi capitò di sentirgli pronunciare le parole: «Non può nemmeno suicidarsi, è costretto a vivere e sopravviverci».
Rimasi di ghiaccio. Poi guardai gli occhi innamorati di quel padre e capii il tormento che lo perseguitava. Il suo pensiero e quella domanda che giorno dopo giorno faceva capolino nella sua mente e nel suo cuore. Non una domanda qualsiasi, ma La Domanda per chi - convivendo con una disabilità grave - si pone il problema del futuro del proprio figlio. Cosa ne sarà di mio figlio quando noi genitori non ci saremo più?
È sufficiente essere genitori per essere colti da un tuffo al cuore al solo pensiero. Un pensiero che qualche volta attraversa la mente di chi non vive la disabilità, ma che diventa un aculeo che punge le menti
dei "padri e delle madri coraggio". Quella vocina non si cancella. Come una nenia che non si vuole recitare, risuona nelle menti dei genitori ed è qualcosa che attanaglia il cuore, toglie il respiro. Che sarà di lui? Quattro parole che soffocano in gola, mentre si cerca di distogliere la testa e ricacciarle nell'angolo più recondito e buio del proprio animo.

Avere a che fare con la disabilità non c'entra, qui entra in gioco l'essenza stessa della genitorialità. Un giorno parlando con Anna, un'amica che vive con un figlio con un forte disagio mentale, l'ho sentita pronunciare poche parole dal suono terribile: «Speriamo che muoia prima di me». Si riferiva al figlio. Quale tormento può spingere una mamma a pronunciare una frase così forte? Difficile crederlo, ma è un amore. Un amore che trascende tutto. Perché purtroppo in Italia non esiste un futuro per questi ragazzi che non sia l'assistenza di un parente (o qualche sporadico tentativo di qualche Comune). E se questo non c'è...
È nei suoi figli che Massimiliano Verga, autore del libro Zigulì [il contributo più recente dedicato dal nostro sito a questo libro è disponibile cliccando
qui, N.d.R.], ripone la speranza per Jacopo, bimbo con un grave deficit cognitivo ed è nelle mani della figlia che Nur Fardowza, madre e medico gastroenterologo di origine somala, pone il futuro del figlio, Yonis, che soffre di autismo.
«Il mio pensiero non riesce a correre al futuro - mi ha raccontato durante una recente chiacchierata telefonica -, mi spaventa troppo il pensiero dell'esistenza di Yonis senza noi genitori. Stiamo lavorando in modo intenso per renderlo autonomo, è la nostra attuale missione. Non so se riusciremo a realizzare questo sogno. Intanto la sorella già ora, senza che la forzassimo, comincia a prendersi cura del fratello, ma il futuro cosa ci riserverà? Se la sentirà di caricarsi sulle spalle questo fardello?».

I disabili non autosufficienti sono doppiamente orfani: dei genitori, una volta che questi passano a miglior vita, e di una legge. Anzi di due Disegni di Legge che giacciono in Parlamento negletti. Il primo - che porta la firma di Livia Turco alla Camera dei Deputati (
Proposta di Legge C-2024, Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone affette da disabilità grave prive del sostegno familiare), per l'istituzione di un fondo pubblico di sostegno per le persone non autosufficienti. Fermo per mancanza di soldi.
Il secondo (
Disegno di Legge S-1281, Istituzione dei fondi sostegno a favore di persone con disabilità gravi), che affronta il problema dal punto di vista maggiormente normativo, è bloccato da quattro anni in Senato. «C'è un accordo sul testo trasversale e bipartisan», racconta Maurizio Pittori, uno degli estensori del testo stesso, che porta la firma dei senatori Zanda e Vizzini. «Non avrebbe nemmeno bisogno di una copertura finanziaria, visto che fissa le norme per l'introduzione in Italia di una sorta di tutoraggio sull'esempio del trust inglese. I fondi privati in parte finanzierebbero pure la solidarietà generale». Ma nulla si muove.

Caro Presidente, non lasci che i fiori che ha donato a Piermario sfioriscano… e che la speranza di questi genitori si spenga nei corridoi del Parlamento.

*Il presente testo, qui riproposto con alcuni riadattamenti al contesto, è stato pubblicato da InVisibili, blog del «Corriere della Sera», con il titolo Maria Carla ha trovato una famiglia... gli altri nemmeno una legge. Viene qui ripreso per gentile concessione dell'Autore e del blog.

mercoledì 18 aprile 2012

Centri Diurni: luoghi di separazione o di inclusione?

Dal sito: www.superando.it

Con le loro denominazioni diverse, nelle varie Regioni, i Centri Diurni sono servizi territoriali fondamentali per lo sviluppo e il mantenimento delle capacità delle persone, per sostenere la famiglia, per ritardare l'istituzionalizzazione e per integrare nella comunità locale oppure si tratta semplicemente di servizi chiusi ed escludenti? Se ne parlerà approfonditamente a Jesi (Ancona) il 20 aprile, durante il secondo incontro del percorso denominato "Persone con disabilità. I diritti, i bisogni, le politiche, i servizi", promosso dal Gruppo Solidarietà
Dopo l'avvio del 30 marzo scorso (se ne legga nel nostro sito cliccando qui), proseguirà venerdì 20 aprile a Jesi (Ancona) (Sala della II Circoscrizione, Via San Francesco, ore 9-13),  la seconda edizione del percorso denominato Persone con disabilità. I diritti, i bisogni, le politiche, i servizi, promosso dal Gruppo Solidarietà, con il patrocinio della Regione Marche, della Provincia di Ancona e dell'Ambito Territoriale Sociale 9 di Jesi.

Centri Diurni. Luoghi di separazione o di inclusione?: sarà questo il tema del secondo incontro, che viene presentato così dagli organizzatori: «C'e sempre chiarezza
tra l'obiettivo di un servizio e gli strumenti utilizzati per raggiungerlo? Il Centro Diurno (diversamente denominato nelle diverse Regioni) è un servizio territoriale (strumento) fondamentale per lo sviluppo e il mantenimento delle capacità delle persone, per sostenere la famiglia, per ritardare l'istituzionalizzazione, per integrare nella comunità locale oppure è… un servizio chiuso ed escludente?  Centro Diurno e comunità locale, Centro Diurno come luogo di presa in carico: su tali questioni si intrecceranno le analisi, le riflessione e le proposte del 20 aprile».

All'incontro (a partecipazione gratuita, ma con prenotazione obbligatoria), parteciperanno Mauro Burlina, psicologo, responsabile dell'Ufficio Disabilità dell'ULLS 6 di Vicenza e Mario Paolini, pedagogista e formatore.
Da ricordare infine che il terzo e ultimo seminario del ciclo - in programma per il 18 maggio - sarà dedicato al tema Lavoro e disabilità intellettiva. È così difficile?.

Pretendere che tutti i Comuni italiani adottino i PEBA

Dal sito: www.superando.it

Ovvero quelli che dal 1986 sono i Piani per l'Eliminazione delle Barriere Architettoniche e non un "oscuro acronimo", come probabilmente credono gli amministratori della stragrande maggioranza degli Enti Locali italiani, che a venticinque anni da quando avrebbero dovuto farlo - per obbligo di legge - non li hanno ancora adottati. Anche i Cittadini, però - e in particolare proprio quelli con disabilità - possono e devono fare la propria parte, per tentare di smuovere una situazione quasi grottesca, verificando innanzitutto se quel Piano esiste e successivamente intentando eventuali azioni legali nei confronti di chi non ha provveduto, per "omissione d'atti d'ufficio"
Dapprima - era l'ormai lontano 1986 - venne la Legge 41/86 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), ove all'articolo 32 (comma 21 e comma 22), si scriveva: «21. Per gli edifici pubblici già esistenti non ancora adeguati alle prescrizioni del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, numero 384, dovranno essere adottati da parte delle Amministrazioni competenti piani di eliminazione delle barriere architettoniche entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge. 22. Per gli interventi di competenza dei comuni e delle province, trascorso il termine previsto dal precedente comma 21, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano nominano un commissario per l'adozione dei piani di eliminazione delle barriere architettoniche presso ciascuna amministrazione».Noti ai più come PEBA, i Piani di Eliminazione delle Barriere Archiettoniche avrebbero dunque essere adottati entro il 28 febbraio 1987 (a un anno appunto dall'entrata in vigore di quella Legge), dai Comuni e dalle Province, pena un "commissariamento ad hoc" da parte delle Regioni.

Qualche anno dopo, la Legge Quadro
104/92 sulla disabilità ampliò la materia di competenza, con l'articolo 24 (comma 9), che stabiliva come «i piani di cui all'articolo 32, comma 21, della legge n. 41 del 1986» dovessero essere «modificati con integrazioni relative all'accessibilità degli spazi urbani, con particolare riferimento all'individuazione e alla realizzazione di percorsi accessibili, all'installazione di semafori acustici per non vedenti, alla rimozione della segnaletica installata in modo da ostacolare la circolazione delle persone handicappate».
Ebbene, ad oggi, anno 2012, - per citare solo i dati relativi a una Regione come la Toscana, che in ambito legislativo e amministrativo non è
certo tra le "ultime arrivate" - «solo il 18,87% dei Comuni toscani ha elaborato i cosiddetti PEBA (Piani per l'Eliminazione delle Barriere Architettoniche), obbligatori per legge, ma il 61% dichiara di avere destinato i proventi per la loro definizione. E tuttavia solo il 50% dei Comuni della Regione ha predisposto la cosiddetta "Mappa dell'accessibilità urbana"» (fonte: CRID, Centro Regionale Informazione e Documentazione della Toscana).
Più in generale - come segnala Gustavo Fraticelli, copresidente dell'Associazione
Luca Coscioni - si può tranquillamente dire, dopo una rapida ricerca in internet, che «ben pochi Comuni italiani hanno adottato il PEBA. Guardando ad esempio ai capoluoghi di Regione, l'unico ad avere provveduto è stato quello di Venezia-Mestre e a tal proposito va ricordato anche come, nel 2003, la Giunta della Regione Veneto abbia emanato specifiche Linee Guide per la redazione dei Piani, ottimo modello di riferimento generale, comprendente anche le attività ricognitorie e di pianificazione che i Piani stessi comportano» (il documento della Giunta del Veneto citato da Fraticelli è disponibile cliccando qui).
Come dunque non condividere
quanto lo stesso Fraticelli ha scritto nei giorni scorsi, ovvero che «per la stragrande maggioranza dei soggetti obbligati ad adottare quei piani già dal febbraio del 1987, la parola PEBA è solo un oscuro acronimo, anziché uno strumento basilare per dare certezza prospettica ai diritti delle persone con disabilità»?
E come non sostenere la sua richiesta di «pretendere dai Sindaci di tutti gli 8.000 e più Comuni italiani la redazione di quei Piani, rispettando la Legge 41 del 1986», rivolgendosi in particolare «a quelle persone con disabilità che hanno funzioni istituzionali o anche di collaborazione nel settore "Disabilità" di molti Comuni Italiani»?
Condividiamo infine, senza riserva alcuna, la sua proposta concreta di un paio di semplici, ma incisive azioni, quali «l'accertamento della mancata o carente adozione del PEBA, tramite una formale richiesta di accesso agli atti del singolo, che una persona con disabilità, in quanto tale, ha la legittimazione a fare; un'azione legale nei confronti del Sindaco, da una parte, del Presidente della Regione dall'altra, per omissione di atti d'ufficio».
A tal proposito, vale anche la pena ricordare un paio di interessanti precedenti giurisprudenziali - di poco successivi all'emanzaione della Legge 41/86 - ovvero due sentenze penali della Pretura di Firenze, la prima del 23 ottobre 1989 (Sentenza n. 2239), ove si affermava che «gli interessati della categoria dei portatori di "handicap" nel suo complesso all’eliminazione delle barriere architettoniche possono essere soddisfatti solo tramite l’adozione di piani organici degli interventi da effettuare e non per mezzo di interventi contingenti e disorganici», la seconda del 13 dicembre 1989, che ancor più esplicitamente riconobbe «l'omissione o rifiuto di atti d'ufficio (art. 328 del Codice Penale e LS 28 febbraio 1986 n. 41 art. 32) per il Sindaco» che non aveva «varato ed approvato il Piano di abbattimento delle Barriere Architettoniche per i portatori di handicap negli edifici pubblici entro il termine di un anno dall'entrata in vigore della legge n.41/86».

Insomma, quella dei PEBA sembra realmente essere un'altra storia "molto italiana", dove una Legge dello Stato può essere tranquillamente ignorata dalla maggior parte di coloro che avrebbero dovuto applicarla già da più di venticinque anni (un quarto di secolo!). Anche i Cittadini, però - e in particolare proprio quelli con disabilità - possono e devono fare la propria parte, per tentare di smuovere questa situazione quasi grottesca.

martedì 17 aprile 2012

Le gite e le visite d'istruzione non si toccano

Dal sito: www.superando.it

Nessuna istituzione scolastica può sentirsi oggi autorizzata a rendere più difficoltose o addirittura a impedire le gite e le visite d'istruzione agli alunni con disabilità, nonostante le più recenti norme prodotte dal Ministero siano state elaborate all'insegna dell'autonomia scolastica, togliendo il carattere di prescrittività ad alcuni documenti precedenti. Vediamo perché
Con la Nota n. 2209 dell'11 aprile scorso, il Ministero dell'Istruzione ha dato chiarimenti su quali debbano essere le regole da applicarsi in materia di gite e viste di istruzione, precisando tra l'altro che ormai la normativa in proposito va riferita all'«autonomia delle istituzioni scolastiche» e in particolare alle Delibere del Collegio dei Docenti e del Consiglio di Istituto, in base agli articoli 7 e 10 comma 3 (lettera e) del Testo Unico-Decreto Legislativo 297/94.
Conseguentemente, la precedente normativa amministrativa del Ministero in materia - che non viene abrogata - va a costituire «un opportuno riferimento per orientamenti e suggerimenti operativi, ma non riveste più carattere prescrittivo [grassetto nostro nella citazione, N.d.R.]».
OsservazioniAl proposito è necessario precisare che tra la normativa che perde il «carattere prescrittivo» sono espressamente elencate anche le Circolari Ministeriali 291/92 e 623/96 e la Nota n. 645/02, che contengono indicazioni riguardanti la partecipazione a gite e visite d'istruzione degli alunni con disabilità.
Resta fermo tuttavia il fatto che tali alunni hanno un diritto pieno e incondizionato alla partecipazione a gite e visite d'istruzione, in forza del principio di integrazione scolastica presente in tutto il nostro ordinamento e in particolare anche nel Regolamento sull'Autonomia Scolastica di cui al Decreto del Presidente della Repubblica (DPR)
275/99 (articolo 4, comma 2, lettera c).

Le due Circolari e la Nota sopracitate contengono quindi alcuni princìpi, diretta conseguenza della normativa sull'integrazione scolastica, che mantengono il loro carattere prescrittivo, quali:
- il diritto degli alunni con disabilità ad essere accompagnati, ove necessario, da un qualunque membro della comunità scolastica e non necessariamente solo dal docente per il sostegno;
- che i Dirigenti Scolastici, nello stipulare i contratti con le agenzie di viaggio, debbono
far sì che siano garantiti itinerari, mezzi di trasporto e alloggi accessibili a tali alunni;
- che le spese di accompagnamento non siano a carico dell'alunno con disabilità, che invece deve pagare la sua quota come tutti i compagni, perché se tali spese venissero
poste a suo carico, si determinerebbe nei suoi confronti una manifesta discriminazione perseguibile ai sensi della Legge 67/06.

Conseguentemente, nessuna istituzione scolastica autonoma può sentirsi oggi autorizzata a rendere più onerose o difficoltose o addirittura a impedire le gite e le visite d'istruzione agli alunni con disabilità.

*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap). Responsabile del Settore Legale dell'Osservatorio Scolastico dell'AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo riadatta una scheda già pubblicata nel sito dell'AIPD, per gentile concessione.

Anche i sacerdoti vanno «educati» alla vera accoglienza

Dal sito: www.superando.it

Il "buon dialogo", ad esempio, è servito qualche tempo fa, da parte di un'Associazione siciliana, per ottenere che anche a tre persone adulte con disabilità intellettiva venisse alla fine impartita la Cresima. Ed è questo un ottimo spunto di riflessione, dopo che nei giorni scorsi alcuni organi d'informazione avevano riportato l'episodio - successivamente chiarito e in parte smentito - riguardante un sacerdote che si sarebbe rifiutato di ammettere alla Prima Comunione un ragazzo con disabilità intellettiva

Riferendomi all'episodio sgradevole del diniego del Sacramento dell'Eucaristia da parte di un parroco a un ragazzino con disabilità intellettiva [episodio per altro meglio chiarito e sostanzialmente smentito, nei giorni successivi alle prime notizie, come riferito anche nel nostro sito da Salvatore Nocera, al testo disponibile cliccando qui e qui di seguito pure citato, N.d.R.], senza voler suscitare altre inutili polemiche sul caso e del tutto d'accordo con quanto scritto su queste stesse pagine da Salvatore Nocera, vorrei segnalare un caso positivo avvenuto nella mia Diocesi.

Diversi anni fa, infatti, le mamme di tre adulti con disabilità fisica e intellettiva grave mi espressero il loro desiderio -
fino a quel momento inesaudito - di fare impartire ai rispettivi figli il Sacramento della Cresima.
I  sacerdoti erano contrari, per il fatto che la Cresima (o Confermazione) è sostanzialmente la presa di coscienza del Sacramento del Battesimo ricevuto dal bambino. Cioè, il ragazzino - adeguatamente preparato dal catechista - prende coscienza del Sacramento che sta ricevendo,
cosa che non potrebbe fare chi è affetto da disabilità intellettiva grave.
Non essendo personalmente d'accordo su questo, parlai direttamente con il Vescovo della mia Diocesi, esponendo il caso in questione. Gli feci notare, tra l'altro, che come per il Battesimo sono i genitori che si assumono davanti a Dio il compito di farlo impartire al figlio senza il suo consenso, così dev'essere per i ragazzini o adulti con disabilità intellettiva grave per il Sacramento della Cresima.
Il Vescovo mi ascoltò con attenzione e alla fine si offri - spontaneamente - di impartire il Sacramento della Cresima ai tre giovani di due Comuni diversi, direttamente nella sede della nostra Associazione.
Preparammo così, con tutti i genitori, una bella festa e la funzione religiosa - alla quale il sacerdote di uno dei Comuni coinvolti non partecipò (forse vergognandosi della sua chiusura mentale?) - concelebrata dal Vescovo con diversi sacerdoti, fu davvero toccante.
Per l'occasione scrissi anche una riflessione letta dal Vescovo durante l'omelia, tra la commozione di tutti i presenti ed io - persona con disabilità in sedia a rotelle - potei gioire per la contentezza di quelle mamme che non avevavno visto discriminati i propri figli per la loro disabilità intellettiva.

Così, a parer mio, si può contribuire ad abbattere le barriere mentali, anche nel campo ecclesiastico,
perché i sacerdoti hanno bisogno anche loro di essere "educati" da noi cristiani alla vera accoglienza, senza discriminazione alcuna.

lunedì 16 aprile 2012

In un Paese civile i bisogni esistenziali vengono prima di tutto

Dal sito: www.superando.it

Chiedono sostanzialmente, i componenti del Comitato 16 Novembre, che una vita - pur sempre assai difficile - possa essere vivibile per tutti. Scrivono al ministro Fornero, chiedendo un incontro urgente, basato su alcune precise istanze, tra le quali un ripristino del Fondo per la Non Autosufficienza, una migliore ripartizione tra le Regioni di quei 100 milioni di euro ottenuti alla fine del 2010, in tema di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e un allargamento degli stessi ad altri malati. Preannunciano già, in caso di mancate risposte, un "presidio permanente" a partire dal 17 aprile a Roma, «con le macchine che ci tengono in vita, con ambulanze e mezzi speciali, pronti a tutto»

Avevamo ricostruito nel nostro sito, qualche mese fa (se ne legga cliccando qui), la vicenda riguardante quei 100 milioni di euro destinati a «interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) per la ricerca e l'assistenza domiciliare dei malati», fondi letteralmente "strappati" alla fine del 2010, dopo una stringente campagna e un presidio davanti al Ministero dell'Economia (se ne legga ad esempio nel nostro sito cliccando qui e qui).
In quel nostro articolo - oltre a riferire come la
FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) avesse sottolineato l'importanza del provvedimento, pur auspicandone un'applicazione rivolta anche a persone con quadri clinici sovrapponibili a quello della SLA - avevamo poi ricordato che per fare arrivare quello stanziamento alle Regioni, sarebbe stato necessario un Decreto di Riparto che suddividesse il Fondo, indicandone le modalità di impiego.

Oggi, la ONLUS
Comitato 16 Novembre - il cui nome ricorda proprio quel primo presidio di protesta avvenuto a Roma nel novembre del 2010 - lamenta innanzitutto che di quei 100 milioni di euro non ne sia ancora stato distribuito uno e soprattutto puntualizza - in una nota - una serie di gravi incongruenze, chiedendo spiegazioni al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Innanzitutto, vi si legge, «la ripartizione fra le Regioni è stata fatta in base alla popolazione, cosa iniqua e assurda, che ha portato ad avere ad esempio 30.000 euro per malato in Lombardia e 10.000 in Sardegna, dove invece c'è un'alta incidenza. Come se andassimo a finanziare l'anemia mediterranea in Valle d'Aosta o nel Trentino! Le Regioni, poi, hanno firmato il riparto ma non lo applicano: varie Delibere fanno riferimento infatti a spese sanitarie, acquisto ausili e rette di RSA [Residenze Sanitarie Assistite o Asistenziali, N.d.R.]vanificando lo scopo prettamente sociale del decreto. Ci chiediamo e chiediamo al Ministro, ma chi legge le Delibere e firma per i trasferimenti conosce il Decreto?».
«Bisogna dunque - chiedono gli esponenti del Comitato - controllare la congruità delle Delibere con le finalità del Decreto e successivamente rivedere il riparto almeno per il secondo anno e renderlo più equo, ovvero ripartire in base al numero dei malati che saranno censiti nel 2012».

Si tratta di considerazioni e di richieste espresse direttamente al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Elsa Fornero - cui si chiede un incontro urgente -, allargando per altro l'obiettivo e andando oltre le stesse persone malate di SLA.
«Questo Governo - viene infatti dichiarato dal Comitato - è nato per risanare, ma anche per dare equità e giustizia e pertanto chiediamo continuità assistenziale sociale, con l'immediato ripristino del Fondo per la Non Autosufficienza per un importo non inferiore a 500 milioni a partire dal 2012; sarebbe un'azione che renderebbe al Governo un'immagine esemplare. Chiediamo inoltre che venga data continuità al finanziamento dei 100 milioni per la SLA, cambiando destinazione, inserendo cioè tutti i malati tetraplegici o con patologie degenerative progressive, con tracheostomia in ventilazione assistita ventiquattr'ore su ventiquattro o comunque bisognosi di assistenza vitale per ventiquattr'ore. Tale finanziamento non dovrà essere inferiore all'ammontare minimo di 20.000 eruo per malato e quindi i 100 milioni potranno aumentare o diminuire a seguito di un censimento preventivo a carico dell'Amministrazione».

Il tutto prelude, in caso di mancata risposta, a un nuovo presidio a Roma, a partire da martedì 17 aprile (ore 10.30), davanti al Ministero delle Politiche Sociali (Via Veneto, 56) e anche questa volta - come già nell'autunno del 2010 e nella primavera del 2011 - molti dei malati che arriveranno nella Capitale saranno "pazienti da rianimazione", che annunciano: «Verremo con le nostre macchine che ci tengono in vita, con ambulanze e mezzi speciali, pronti a tutto».
«In un Paese civile - è infatti la conclusione del comunicato diffuso dal Comitato 16 Novembre - i bisogni esistenziali vengono prima di tutto. Stiamo bruciando le risorse della nostra vita lavorativa passata e quelle presenti dei nostri familiari, ma siamo determinati da una volontà e forza interiore incrollabili a far sì che una vita, che rimarrà pur sempre difficile da vivere, possa essere vivibile per tutti».

Scale di sicurezza in «versione disabilità»

Dal sito: www.superando.it 
A illustrare il presente testo, pubblichiamo una gustosa vignetta di Hellman, tratta da "Means of Escape for Disabled People" di John Dobin e già inserita in un bell'approfondimento di Stefano Zanut di Pordenone, componente del Gruppo Nazionale di Lavoro sulla Sicurezza delle Persone con Disabilità. Vi si rappresenta il diavolo che blocca un disabile in carrozzina - con tanto di certificato di morte - all'ingresso dell'inferno, dicendogli: «Mi dispiace! Non posso lasciarla entrare! Non abbiamo uscite di sicurezza per disabili», con le fiamme perenni a fare da sfondo. C'è da domandarsi a questo punto se la situazione del sistema recettivo turistico italiano abbia qualche affinità con tale vignetta! Un tentativo di risposta lo propone il seguente articolo di Giorgio Genta

Bellezze naturali, arte e cultura dovrebbero essere i motori della ripresa economica del nostro Paese e invece assistiamo quotidianamente allo scempio del nostro non inesauribile patrimonio turistico, davvero unico al mondo.
Il crollo della morale pubblica e dell'interesse per il bene comune - ciò che si è visto con pervicace costanza durante tutti i governi della Repubblica nell'ultimo ventennio - è sotto gli occhi di cittadini e ospiti e sta portando rapidamente al dissolvimento dell'unica fonte di "energia pulita" di cui disponiamo: il turismo, appunto, e marcatamente quello che privilegia arte, cultura e bellezze naturali.

Agli occhi delle persone con disabilità - e anche agli occhi di quelli tra noi che non vedono o sono ipovedenti o vedono con gli "occhi dell'anima" - una caratteristica di tale turismo dovrebbe essere la sicurezza e segnatamente quella relativa all'ospitalità. E tuttavia le blande normative regionali generalmente non tutelano in modo completo il turista con disabilità nel settore alberghiero, pur esistendo validi esempi di imprenditori turistici illuminati, che risolvono brillantemente il problema.
Un piccolo esempio concreto? La nostra "famiglia con disabilità", schivando traffico e problemi finanziari, si è concessa un weekend pasquale sul Lago Maggiore (davvero bellissimo!). E così, dopo un'attenta ricerca in internet - per pudore devo specificare "non fatta da me"! - troviamo una piccola struttura a tre stelle, l'Albergo La Locanda di Cadrezzate (Varese), che presenta - sia sul monitor del computer che nella realtà - un ottimo rapporto qualità/prezzo e che ha stanze libere idonee a persone con disabilità (due su di un totale di ventuno).



Prenotiamo subito, carichiamo i soliti 600 chili di bagagli sul fido Viano e partiamo alla scoperta dei luoghi di Piero Chiara.
Il paesino di Cadrezzate è in realtà sul Lago di Monate, a pochi chilometri dal Lago Maggiore, e l'albergo, oltre a pulizia ed efficienza (unico appunto: la mancanza di maniglioni nell'ampio servizio interno alla camera, ma la direzione ha promesso di provvedere quanto prima), presenta un "jolly" davvero speciale: un'
uscita di sicurezza riservata alle persone con disabiltà!Forse qualche viaggiatore più fortunato avrà già osservato qualcosa di simile, ma noi restiamo letteralmente ammaliati dalla "sacra apparizione" e credo che anche i lettori laici converranno sulla sacralità della sicurezza delle persone con disabilità!: una porta antifuoco con chiara simbologia - solito logo dell'"omino in carrozzina" - oltre alla quale vi è uno scivolo con pendenza di legge e due pianerottoli utilizzabili anche come "zone sicure", che porta al piano inferiore e quindi all'esterno. Insomma, una "versione con disabilità" delle scale di sicurezza!

Interessante quella Sentenza sul trasporto gratuito a scuola


Il TAR delle Marche, infatti, ha affermato l'obbligo di un Comune della Regione a provvedere al trasporto gratuito per un alunno con disabilità delle scuole superiori, come stabilito dalla normativa regionale (prevalente rispetto a quella nazionale, che farebbe riferimento alle Province) e ritenendo anche che le spese «a favore di soggetti svantaggiati» debbano essere prioritarie rispetto alle stesse difficoltà finanziarie del Comune interessato, in applicazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione Italiana
Vale senz'altro la pena riprendere la Sentenza 684/11, con la quale qualche mese fa la Sezione Prima del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) delle Marche ha risolto il problema dell'attribuzione dell'obbligo di trasporto gratuito a scuola degli alunni con disabilità.
La questione è particolarmente interessante perché riguarda il caso di un alunno di scuola superiore, rispetto al quale la normativa nazionale (articolo 139 del Decreto Legislativo
112/98) stabilisce che tale obbligo spetti alla Provincia.
E tuttavia, la giurisprudenza ha anche precisato che - dopo la modifica dell'
articolo 117 della Costituzione il quale ha attribuito alle Regioni la competenza esclusiva in materia di servizi sociali - la norma nazionale citata si applichi solo qualora una Regione non stabilisca diversamente.
Ebbene, nel caso di specie, la Regione Marche (Legge Regionale
18/96, articolo 23) ha attribuito tale competenza al Comune di residenza dell'alunno.
Il Comune coinvolto nella Sentenza, dunque, si è difeso sostenendo che la competenza spettasse all'Ambito Territoriale del Piano di Zona di cui esso fa parte. La Sentenza del TAR precisa invece che all'atto della formulazione del Piano Annuale di Zona, il Comune interessato non aveva segnalato tale necessità e pertanto il Piano di Zona stesso, non essendo stato informato di tale bisogno, non aveva potuto mettere in bilancio la somma corrispondente. La Sentenza, quindi, afferma l'obbligo del Comune di residenza al trasporto gratuito anche per gli anni successivi, secondo quanto richiesto nel ricorso.

Infine, anche in riferimento alle difficoltà finanziarie del Comune interessato, la Sentenza del TAR marchigiano fissa un principio interessante, secondo cui, trattandosi di una spesa «a favore di soggetti svantaggiati», questa deve avere priorità, in forza del principio di solidarietà fissato dagli
articoli 2 e 3 (comma 2) della Costituzione.

*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap). Responsabile del Settore Legale dell'Osservatorio Scolastico dell'
AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo riadatta una scheda già pubblicata nel sito dell'AIPD, per gentile concessione.